Tensioattivi vegetali: cosa sono e perché sceglierli
I tensioattivi sono alla base del potere pulente di detersivi, igienizzanti e prodotti per l’igiene personale. SI trovano in centinaia di prodotti, inclusi quelli alimentari. La loro scarsa biodegradabilità, però, insieme alla scoperta della tossicità di alcuni tensioattivi molto diffusi, li ha resi ben presto un problema, oltre che una risorsa.
Sono nati così i primi tensioattivi di origine vegetale, che minimizzano i danni all’ambiente e alla salute umana servendosi di processi produttivi molto meno impattanti di quelli tradizionali.
Tensioattivi e pulizia della casa: la biodegradabilità
I tensioattivi sono particolari molecole formate da una testa idrofila, che tende a legarsi con l’acqua, e da una coda idrofoba, che invece la respinge. Queste molecole tendono naturalmente a posizionarsi in modo che la testa si trovi in acqua e la coda ne stia più lontano possibile, andandosi così a disporre sulla superficie di contatto tra acqua e aria.
Nel momento in cui i tensioattivi prendono posizione sull’interfaccia tra l’acqua e l’aria (ma lo stesso vale per le sostanze oleose) la tensione superficiale dell’acqua si abbassa: i tensioattivi, infatti, apportano sulla superficie di contatto delle forze coesive molto più deboli di quelle che legano le molecole di H2O, interrompendo quel fenomeno per cui la superficie dell’acqua si comporta come una membrana tesa capace di resistere a una certa forza.
I detergenti non possono fare a meno di queste molecole, poiché sono quelle che consentono ai prodotti di legarsi allo sporco e trascinarlo via: avviene durante il lavaggio in lavatrice ma anche passando la spugna su una qualsiasi superficie. Il problema, emerso ormai qualche anno fa, è che i tensioattivi sono molto nocivi per gli ecosistemi marini e tossici per l’uomo.
Alcuni tensioattivi ampiamente utilizzati nei detergenti per la casa possono provocare irritazione della pelle, degli occhi e dell’apparato respiratorio. Quel che è peggio, però, è che i tensioattivi chimici tradizionali, quelli a base petrolchimica, non sono biodegradabili: la loro persistenza nell’ambiente li rende una concreta minaccia per diversi ecosistemi, in quanto possono inquinare le acque e danneggiare gli organismi viventi, accumulandosi nei loro organismi.
Tipi di tensioattivi e in quali prodotti si trovano
Poiché le code idrofobe dei tensioattivi sono generalmente molto simili, queste molecole sono classificate in base alla carica della loro “testa” idrofila, quella deputata al confronto con le molecole polari dell’acqua, che tendono a interagire con gli ioni.
Possiamo quindi distinguere tra:
- Tensioattivi Anionici: sono quelli con testa a carica negativa. Generalmente sono costituiti da lunghe catene di carbonio che terminano con un gruppo solfonato. Sono molto usati nei detersivi per lavatrice, nei prodotti per stoviglie e anche negli shampoo. Alcuni esempi sono il sodio lauril solfato (SLS) e il lauril etossi solfato (LES);
- Tensioattivi Cationici: sono quelli con testa carica positivamente. Sono noti per le loro proprietà antimicrobiche e disinfettanti: possono infatti legarsi a superfici a carica negativa come quelle dei batteri. Si trovano nei disinfettanti ma anche negli ammorbidenti e nel balsamo per capelli. Tra i più comuni c’è il cloruro di cetiltrimetilammonio;
- Tensioattivi non ionici: quelli privi di carica, che in acqua non si dissociano in ioni. Vengono spesso usati in associazione a tensioattivi più “aggressivi” proprio per mitigarne l’azione. Sono ben tollerati dal corpo e dalla pelle e per questo vengono utilizzati nella formulazione di prodotti delicati. Alcuni esempi sono il lauryl glucoside, il cetearyl glucoside e il coco glucoside, derivato dall’olio di cocco.
Esistono poi i tensioattivi anfoteri, che si comportano come tensioattivi cationici in ambiente acido o anionici in ambiente alcalino. Sono molto costosi e vengono utilizzati perlopiù per i prodotti cosmetici.

Tensioattivi vegetali: cosa sono?
I tensioattivi dei primi detergenti sintetici, negli anni Cinquanta, erano essenzialmente a base di benzene. E anche oggi, molti dei detersivi in commercio sono formulati con tensioattivi derivati dal petrolio, come il sodium laureth sulfate o gli alkylbenzene sulfonates, tra i primi ad essere usati nei prodotti per la casa.
I tensioattivi, ionici e non ionici, possono però anche essere formulati a partire da ingredienti naturali. Come si legge in uno studio del Politecnico di Milano pubblicato nel 2025 sulla rivista Molecules, “la maggior parte dei tensioattivi di origine biologica deriva da piante e animali. La componente idrofila è costituita tipicamente da carboidrati, glicerolo e aminoacidi, mentre la parte idrofoba è costituita da acidi grassi ottenuti da diverse piante o da oli da cucina esausti”.
I tensioattivi di origine vegetale sono perlopiù sintetizzati sfruttando il legame tra glucosio (ad esempio, da mais o grano) e alcoli grassi derivati da oli vegetali come quello di palmisti o di cocco, e quello tra acidi grassi e glicerolo, che possono anch’essi essere estratti da oli e sostanze vegetali. Alcuni tra i più noti tensioattivi vegetali sono il sodium coco sulfate, il coco glucoside e il disodium cocoyl glutamate, tutti derivati dall’olio di cocco, e il sodium palmitate, un tensioattivo anionico derivato dall’olio di palma.
Sebbene i tensioattivi a base petrolchimica continuino a dominare il mercato, nel 2023 le soluzioni naturali rappresentavano già il 40% del mercato totale e sono in costante crescita. In base a un recente studio pubblicato sul Journal of Surfactants and Detergents, il mercato globale dei tensioattivi basati sui carboidrati è dominato dagli alchil poliglicosidi (APG), tensioattivi non ionici biodegradabili derivati da ingredienti naturali come oli e amido che però vengono sintetizzati chimicamente.
Negli ultimi anni, però, hanno iniziato a farsi strada anche tensioattivi d’altro tipo, che sfruttano esclusivamente sostanze naturali e processi biologici.
Bio-tensioattivi e tensioattivi di origine vegetale: sono la stessa cosa?
Abbiamo finora parlato di tensioattivi vegetali, o di origine vegetale, senza fare distinzioni. In realtà, però, l’evolversi della ricerca ha portato alla nascita di una classe di tensioattivi completamente nuovi, che non richiedono la sintesi chimica. Si inizia quindi a fare strada l’abitudine di distinguere tra tensioattivi di origine vegetale, che vengono prodotti con la sintesi chimica a partire da risorse naturali rinnovabili, e bio-tensioattivi, che vengono sintetizzati da organismi viventi sempre a partire da materie prime naturali.
Nello studio italiano citato sopra, si parla di tensioattivi naturali di prima e seconda generazione. Appartengono alla prima categoria i tensioattivi di origine vegetale come le alchil poliglucosidi (APG) e i tensioattivi a base di glicerolo, che sono molto efficaci e hanno un’ottima biodegradabilità ma fanno ricorso a processi industriali energivori.
I bio-tensioattivi, o tensioattivi di seconda generazione, si legge nello studio, “sono biosintetizzati direttamente da piante, animali o microrganismi attraverso processi biologici, come la fermentazione, utilizzando materie prime rinnovabili, sottoprodotti o scarti agroindustriali”. I tensioattivi microbici più noti, tra quelli attualmente in commercio, sono i glicolipidi, soprattutto i soforolipidi e i ramnolipidi, che vengono prodotti generalmente tramite fermentazione e che sembrano i più promettenti da un punto di vista industriale.
Detersivi ecologici: perché scegliere i tensioattivi vegetali o di origine vegetale?
Bio-tensioattivi e tensioattivi di origine vegetale sono alla base di tutti i detersivi ecologici degni di questo nome. Alcuni dei tensioattivi più inquinanti, nel tempo, sono scomparsi dai prodotti sugli scaffali, soprattutto grazie a leggi e normative come il Regolamento (CE) n. 648/2004, che stabilisce dei livelli minimi di biodegradabilità per l’immissione sul mercato dei tensioattivi.
La maggior parte dei detersivi contiene ancora tensioattivi sintetici, ma le alternative naturali stanno aumentando molto rapidamente, diventando sempre più accessibili. Oltre a essere biodegradabili, i tensioattivi di origine vegetale sono anche più sicuri per la salute, in quanto molto meno tossici rispetto alle loro controparti “tradizionali”.
La presenza di tensioattivi di origine vegetale, però, non sempre è sinonimo di sostenibilità: i tensioattivi a base di olio di palma, per esempio, possono derivare da quelle coltivazioni intensive che sono responsabili del 5% della deforestazione nelle aree tropicali del mondo. Perciò esistono organismi internazionali che si occupano di certificare i prodotti realizzati con materie prime raccolte secondo i principi della sostenibilità ambientale e sociale, come il Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO).
Un altro riferimento molto utile è l’Ecolabel EU, che per la provenienza dell’olio di palma fa riferimento al RSPO, e che certifica la sostenibilità del prodotto secondo uno schema che include ovviamente anche il tipo e l’origine dei tensioattivi.