Coliving: la sostenibilità passa dalla gestione dello spazio

Sostenibilità: non è sempre e solo questione di chimica

Coliving: la sostenibilità passa dalla gestione dello spazio

Il coliving è un modo di abitare che prevede la condivisione di alcuni spazi comuni con altri inquilini, e che spesso prende la forma di pacchetti all-inclusive che danno accesso a servizi come palestre, piscine, bar e lavanderie.

L’idea di condividere la casa e gli spazi di lavoro con altre persone nasce in risposta a un’esigenza economica, evidente soprattutto a partire dalla generazione dei Millennial, ma si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo anche perché permette di soddisfare i nuovi bisogni legati alla sostenibilità.

Condividere spazi e risorse, infatti, può avere un grande impatto sui consumi e sulla riduzione degli sprechi. È anche per questo che la soluzione del coliving – che coniuga sostenibilità economica e ambientale – sta prendendo sempre più piede, soprattutto nelle grandi metropoli capaci di attirare giovani professionisti.

Coliving e sostenibilità: la chiave è nella condivisione

Quello di sostenibilità è un concetto complesso, che abbraccia pressoché tutti gli ambiti della nostra vita quotidiana. Quanto ci spostiamo e come lo facciamo, cosa decidiamo di acquistare, cosa mangiamo, dove decidiamo di vivere e con quali fonti energetiche decidiamo di alimentare i nostri consumi: tutto ha un impatto sull’ambiente.

Condividere con altre persone beni durevoli come mobili, pavimenti ed elettrodomestici significa automaticamente abbattere il consumo di risorse (e gli sprechi). Un discorso simile è stato applicato, con una diffusione ancora più capillare, alla condivisione delle automobili: molte case automobilistiche hanno abbandonato il vecchio concetto di vendita per offrire veicoli elettrici “in abbonamento”.

Il settore immobiliare sta attraversando una rivoluzione simile, che supera il concetto tradizionale di “proprietà” per aprire a nuove soluzioni abitative. Quello del coliving, in particolare, è un fenomeno che sta vivendo un momento di rapida espansione, soprattutto nelle grandi metropoli.

Il concetto di coliving nasce dalle hacker houses della Silicon Valley dei primi anni Duemila, che offrivano alloggi economici e spartani ai giovani tech entrepreneurs che si trasferivano a Palo Alto. Pare che Facebook sia nata in una casa di 5 camere che il giovane Mark Zuckerberg condivideva con alcuni colleghi di corso, che sarebbero diventati i primi impiegati del colosso blu.

Coliving e coworking, fare di necessità virtù

Una casa in coliving ospita diversi adulti, in generale dalle quattro alle otto persone, perlopiù di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Ogni inquilino ha uno spazio privato, ma gli ambienti funzionali della casa – molto spesso la cucina, il bagno e la zona living – vengono condivisi da tutti i suoi abitanti.

Quasi sempre la soluzione del coliving include uno spazio per il coworking. L’esempio di Facebook è illuminante: in un ambiente comune, le idee possono moltiplicarsi in maniera esponenziale. Il rischio, in questo senso, è quello di veder cadere uno degli ultimi confini rimasti tra tempo produttivo e tempo di vita, e questa è anche una delle critiche più feroci alla nuova tendenza dell’abitare comune.

Il profilo di chi sceglie il coliving però spiega molte cose: si tratta quasi sempre di studenti, neolaureati e nomadi digitali che restano per periodi molto brevi, mediamente da 1 a 3 mesi, oppure di giovani professionisti che si trasferiscono in una nuova città, che si trattengono al massimo per un anno.

Si tratta di una soluzione funzionale, di passaggio, che permette di dedicarsi alla propria vita senza dover investire tempo e risorse in una proprietà che in fin dei conti non è necessaria (e che la generazione dei Millennial comunque non potrebbe permettersi).

Sostenibilità e gestione degli spazi

Molto comuni nel coliving, proprio per rispondere alle esigenze di chi si affida a questa forma di abitare, sono le formule all inclusive, che possono comprendere bollette, pulizie e manutenzione degli spazi comuni.

Non si tratta soltanto di risparmiare tempo: poter contare su una soluzione transitoria già pronta per essere vissuta significa non aver bisogno di portare con sé una TV o una lavatrice, non accumulare beni superflui, utilizzare al massimo quello che c’è già. Molto spesso, inoltre, gli spazi destinati al coliving vengono progettati appositamente per consentire un uso razionale degli ambienti e delle risorse – anche con l’aiuto della domotica.

Da questo punto di vista, l’impatto del coliving può diventare rilevante anche in termini di sostenibilità. Coabitare permette di ottimizzare i consumi energetici, di ridurre gli sprechi e di tornare a vedere come normale l’idea di condividere oggetti, mezzi di trasporto e cibo. Un po’ come si faceva nelle famiglie molto numerose, e in ultima istanza per gli stessi motivi, ma con molta più tecnologia.

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